Risparmio gestito, il Regno Unito offrirà opportunità importanti anche dopo la Brexit

Sebbene il clima politico ed economico intorno alla Brexit continui a suscitare incertezza a livello internazionale, molti asset manager si dichiarano pronti al post-Brexit, con o senza accordo. Ma per loro questo è solo l’inizio. Gli asset e wealth manager, infatti, si interrogano già sui prossimi passi, in primis come posizionare le proprie società per garantire crescita e redditività in futuro. E’ quanto emerge dal nuovo studio di PwCOltre la Brexit: l’impatto sugli asset e wealth manager europei”, che raccoglie il parere dei dirigenti di oltre 20 società di asset e wealth management mondiali, attive in tutte le asset class, intervistati sulle iniziative finora messe in atto in vista della Brexit e sulle previsioni per il futuro del settore e del proprio business.

“Il messaggio che abbiamo ricevuto è che il Regno Unito continuerà a essere parte integrante dell’ecosistema finanziario europeo anche dopo la Brexit. A tal fine, e per prevenire ulteriori fratture, incertezze e costi per le imprese e gli investitori, i nostri clienti desiderano uno stretto allineamento tra il Regno Unito e i 27 Paesi membri dell’Ue, all’insegna dell’equivalenza normativa”, spiega Mauro Panebianco, Responsabile Emea Advisory Asset e Wealth Management di PwC.

Lo studio descrive in dettaglio la posizione dei gestori a partire dal primo giorno post-Brexit. Come credono che cambieranno i loro modelli operativi nei mesi e negli anni a venire? Come valutano le prospettive del settore nel lungo termine?

I cinque punti chiave dello studio

1. A più di tre anni dal referendum, permane l’incertezza sul futuro delle relazioni tra Regno Unito e Ue. Sebbene il regime di equivalenza dell’Unione offra un’assicurazione potenzialmente solida contro i rischi di future incertezze, i gestori patrimoniali potrebbero subire danni ulteriori nel caso in cui le negoziazioni venissero politicizzate.

2. La maggior parte dei gestori intervistati ha detto di essere pronta alla Brexit – supportata dagli interventi delle autorità di vigilanza europee – e sarebbe in grado di continuare a operare in modo pressoché invariato, anche nell’eventualità di un no-deal. Tuttavia, la volatilità del mercato e dell’economia continua a suscitare preoccupazioni.

3. Il futuro del settore dell’asset management nel Regno Unito è al momento incerto. I policymaker e gli addetti ai lavori dovranno concentrarsi sul rafforzamento del ruolo del Regno Unito quale centro d’eccellenza per la gestione dei portafogli d’investimento, mentre una valida opzione per favorire la crescita dei fondi consiste nello stabilire l’entità dell’allineamento normativo e fiscale.

4. I principali Paesi tra i 27 membri dell’Ue, quali ad esempio Irlanda e Lussemburgo, hanno ora l’opportunità di consolidare e potenziare i propri settori d’investimento – già rilevanti – ma la frammentazione e la competizione interna pongono l’industria di fronte a potenziali rischi.

5. I gestori dei 27 paesi membri dell’Ue sono ancora incerti sulle migliori modalità di accesso al redditizio mercato britannico.

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