Salari Usa, anno da record ma si addensano nubi all’orizzonte

Di Vincenzo Longo, Market Strategist di IG

Lo US Bureau of Labor Statistics (BLS) ha comunicato che nel mese di dicembre sono stati creati 312 mila nuovi posti di lavoro nei settori non agricoli statunitensi, un dato di gran lunga superiore alle aspettative (a 185.000 unità). Nonostante tutto, il tasso di disoccupazione è salito al 3,9% dal 3,7% di novembre, complice il balzo del tasso di partecipazione (passato al 63,1%, massimi dal 2014). Le revisioni dei mesi precedenti hanno visto il dato di ottobre passare a 274.000 unità (da 237.000), mentre quello di novembre è salito a 176.000 unità (da 155.000 mila). Nel complesso le revisioni hanno aggiunto altri 58 mila posti di lavoro nei due mesi precedenti. La crescita dei salari, sempre a dicembre, è salita al 3,2% a/a (3,1% atteso).

Nel complesso, nel 2018 sono stati creati 2,6 milioni di posti di lavoro, un dato di gran lunga superiore ai 2,2 milioni di posti creati nel 2017.

I dati odierni confermano un buono stato di salute dell’economia statunitense e hanno battuto le attese su tutti i fronti. Anche la crescita dei salari confermerebbe il miglioramento della qualità del lavoro negli Stati Uniti. Diventa più difficile per la Federal Reserve giustificare la sospensione del percorso di rialzi dei tassi d’interesse con figure di questo tenore. Qualche riscontro potremmo averlo già questo pomeriggio nel discorso che Jerome Powell terrà ad Atlanta, dove parteciperanno tra gli altri, anche i suoi predecessori, Janet Yellen e Ben Bernanke.

Quindi dopo la brutta lettura dell’indice ISM manifatturiero di ieri, oggi i dati del lavoro sembrano riportare un po’ il sereno tra gli investitori. Nonostante tutto, l’approccio deve essere improntato alla cautela. Non possiamo, quindi, trascurare la brutta indicazione di ieri, che tra l’altro ha mostrato un crollo della componente degli ordinativi industriali. Insomma, l’incertezza economica sembra affacciarsi anche dall’altra parte dell’Atlantico e gli operatori sembrano essersene accorti, viste le violente vendite sui mercati delle ultime settimane.

Sul fronte di politica monetaria, continuiamo a credere che la Fed prenda atto del sensibile aumento dei rischi dell’economia globale e preferisca attendere maggiori indicazioni prima di riprendere il sentiero dei rialzi dei tassi d’interesse. Escludiamo al momento un passo indietro, ovvero un taglio dei tassi, manovra che non sarebbe giustificata dai fondamentali macroeconomici.

Sui mercati, la pubblicazione dei dati si è tradotta con generale apprezzamento del biglietto verde e un contestuale rialzo dei rendimenti sui Treasury, mentre i future sugli indici Usa sono tornati a salire dopo un’incertezza iniziale. Anche se è piuttosto difficile dirimere la questione “good news is bad news”, crediamo che in questo momento gli operatori possano apprezzare più dei buoni dati che allontanino il pericolo di una forte contrazione dell’attività economica che non brutti dati che aprano a un atteggiamento accomodante della Fed.

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