Sarà un 2019 brillante per i mercati emergenti?

Nel 2018 i mercati emergenti hanno dovuto affrontare un periodo difficile, tra un contesto finanziario globale meno accomodante, un rallentamento della crescita in Cina e le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. Ma le economie dei mercati emergenti si trovano oggi in una migliore posizione per resistere agli shock negativi rispetto a quanto lo fossero in passato. È quanto sostiene Silvia Dall’Angelo, Senior Economist di Hermes Investment Management nell’ultima edizione de AheadHYPERLINK “http://bit.ly/2B6bIlY” of the Curve, nel quale evidenzia come una migliore resilienza finanziaria, politiche solide e qualche nuovo vento a favore potrebbero sostenere un 2019 più brillante in tutti i mercati emergenti.

2019: un punto di svolta per i mercati emergenti?

È probabile che lo stato di tensione economica rimanga contenuto per i paesi dei mercati emergenti con fondamentali deboli o situazioni di instabilità politica. Inoltre, su base relativa, alcune economie dei mercati emergenti potrebbero trovarsi in una buona posizione per beneficiare di qualche piccola condizione marco favorevole a livello globale, tra cui:

  • Un atteggiamento più accomodante della Fed nel 2019: le recenti comunicazioni della Fed hanno già evidenziato un atteggiamento meno aggressivo, che ha portato alla stabilizzazione del dollaro.
  • Prezzi del petrolio più bassi: il Brent è sceso di circa il 30% in dollari dai massimi di ottobre, dando sollievo ai paesi importatori di petrolio.
  • La risposta delle banche centrali dovrebbe rimanere proattiva e, nonostante la vulnerabilità, le economie dei mercati emergenti appaiono più resistenti di quanto non lo fossero in passato.

Stress vs. resilienza

I mercati emergenti sono generalmente economie che dipendono in larga misura dal commercio estero e dai finanziamenti. Inoltre, le economie asiatiche hanno in genere stretti legami con la Cina.

Silvia Dall’Angelo, Senior Economist di Hermes Investment Management, ha affermato: “La recente situazione di tensione dei mercati emergenti è rimasta confinata a quei paesi caratterizzati da fondamentali deboli e situazioni politiche instabili, come la Turchia, l’Argentina e il Sud Africa. Questo suggerisce che i titoli governativi dei mercati emergenti non dovrebbero più essere considerati come una singola asset class bensì come un gruppo basato su differenti qualità del credito e sulla loro capacità di pagare sulla base delle loro obbligazioni di debito esterne”.

Oggi le economie dei mercati emergenti sembrano essere meglio posizionati per resistere agli shock negativi, avendo imparato le lezioni delle precedenti crisi: i sistemi finanziari sono più resilienti e politiche migliori sono state implementate. Dall’inizio della crisi finanziaria, i rapporti tra debito estero e paesi emergenti si sono in gran parte stabilizzati, mentre i disavanzi delle partite correnti sono meno pronunciati. Inoltre, vi sono pochi supporti alla valuta, la maggior parte delle banche centrali sono indipendenti e, per la maggior parte, le politiche monetarie sono diventate restrittive per sostenere le valute locali e frenare le pressioni inflazionistiche.

Questi driver dovrebbero limitare il rischio di contagio in futuro, ma questo non vuol dire che in un mondo caratterizzato da una crescita più lenta e da maggiori minacce protezionistiche, gli anelli deboli non esistano. Ad esempio, i soggetti sovrani non esportatori di materie prime con un’elevata esposizione al debito a breve termine denominato in dollari USA e alle esigenze di risparmio estero rimarranno vulnerabili.

Il ruolo del dollaro americano

La dipendenza dal credito denominato in dollari US è un altro elemento di vulnerabilità per le economie dei mercati emergenti. Il dollaro ha giocato un ruolo determinante nella crisi finanziaria asiatica, in quanto è stata la principale valuta in cui è stata denominata la maggior parte dei crediti internazionali dei paesi asiatici. Nei primi anni 2000, i prestiti ai mercati emergenti denominati in dollari americani avevano iniziato ad accelerare nuovamente, toccando nuovi massimi appena prima dell’inizio della crisi finanziaria.

Nell’attuale ciclo, vi è un numero di fattori che mitigano i rischi per la stabilità finanziaria derivanti da consistenti stock di debito denominato in dollari USA. In primo luogo, i titoli di debito denominati in dollari, emessi da borrower dei mercati emergenti, hanno scadenze più lunghe rispetto al ciclo precedente. Questo significa che sono meno vulnerabili ai rischi di fuga e di ribaltamento. Tuttavia, sono esposti al rischio di mercato: i prezzi delle obbligazioni sono più sensibili alle variazioni dei rendimenti, il che riflette durate più lunghe.

Secondo, e più importante, “I mercati emergenti detengono importanti riserve di valuta estera. Oggi il livello delle riserve valutarie estere dei mercati emergenti in relazione ai costi mensili per le importazioni (import cover) è migliorato rispetto al periodo precedente la crisi finanziaria globale” ha continuato Dall’Angelo.

Prestiti bancari internazionali ai mercati emergenti

I dati sui prestiti internazionali forniti dalla BIS (ndr Banca dei Regolamenti Internazionali) offrono un approfondimento sull’evoluzione degli squilibri finanziari dei mercati emergenti. L’aumento di vulnerabilità finanziarie si riflette sulla natura lenta e prociclica degli aggregati di bilancio, con particolare riferimento al settore bancario2. Infatti, è più semplice cogliere i trend del credito concentrandosi sulla componente internazionale del bilancio di una banca, dove esiste tipicamente uno stretto legame tra il credito internazionale e il credito nazionale, con il primo che tende ad amplificare le mosse del secondo.

Dall’Angelo ha dichiarato: “I prestiti alle economie dei mercati emergenti si sono radicalmente evoluti nel corso degli ultimi quarant’anni; il mercato è passato da meno di 350 miliardi di dollari alla fine del 1980 a quasi 4 trilioni di dollari alla fine del 20174. C’è stato anche un importante spostamento tra le regioni. Negli anni ’80, i più grandi emittenti delle economie emergenti erano in America Latina, mentre oggi i prestiti all’Asia emergente rappresentano circa la metà di tutti i prestiti bancari alle economie dei paesi emergenti.

Inoltre, il tasso di crescita su 12 trimestri del rapporto tra le attività internazionali su un dato paese e il suo PIL è un utile indicatore precoce delle crisi bancarie sistemiche. Queste informazioni sui tassi di crescita, unite alle informazioni sui livelli (crediti internazionali/PIL), forniscono un’indicazione attendibile del fatto che nel sistema si stiano accumulando vulnerabilità e dove. Il quadro dei prestiti (in termini di livelli e tassi di crescita), come illustrato nei grafici 5° e 5b, mostra che i rischi per la stabilità finanziaria nel secondo semestre 2018 erano inferiori a quelli registrati nel quarto trimestre del 2007.

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