Segnali di risveglio per l’oro

A cura di Alessandro Cirillo, Alfa Scf
Il mese di ottobre ha messo in evidenza il tentativo di rimbalzo delle quotazioni dell’oro. In un anno sin qui deludente, in cui il metallo giallo aveva accumulato una perdita del 9%, le prime tre settimane del quarto trimestre hanno visto i prezzi futures crescere del 3%. Le motivazioni alla base del movimento sono molteplici e vanno ricondotte ai fattori che influenzano l’atteggiamento degli investitori verso questa materia prima.
Se da un lato essa è tradizionalmente considerata uno strumento di copertura dall’aumento dell’inflazione in quanto riserva di valore, dall’altro soffre l’innalzamento dei tassi reali a causa dell’assenza di flussi reddituali periodici che, in tale contesto, rendono maggiormente appetibile l’investimento in titoli obbligazionari. Inoltre, risente negativamente del rafforzamento del dollaro statunitense, circostanza in grado di produrre un aumento implicito del costo espresso in valute diverse dal biglietto verde. In ultimo, fasi di sell-off dovrebbero favorirne l’acquisto, data la natura di bene rifugio e la conseguente capacità di offrire protezione dai ribassi dei mercati azionari.
Nel corso del 2018, la politica monetaria restrittiva condotta dalla Fed ha provocato una risalita significativa dei rendimenti risk-free USA a breve che, unita a pressioni inflazionistiche poco marcate, ha determinato un graduale ritorno a tassi reali positivi. Come visibile dal grafico seguente, i prezzi dell’oro hanno subito un calo consistente tra maggio ed agosto, seguito da una fase di accumulo attorno ai 1.200 dollari per oncia. Tuttavia, l’uscita da questo trading range e l’avvicinamento alla media mobile a 100 giorni rappresentano i primi elementi che potrebbero supportare una prosecuzione del movimento in atto.
Andamento YTD Gold Futures – Fonte: Bloomberg


La recente decelerazione nell’apprezzamento del dollaro USA si configura come ulteriore condizione che ha contribuito ad allentare la pressione ribassista sul metallo prezioso. Il grafico riportato sotto mette a confronto la performance dell’oro e quella del Dollar Index da inizio anno: come evidente, le due variabili appaiono inversamente correlate. Infatti, ad una crescita del 3,9% dell’indice si contrappone una discesa del 6,5% per il prezzo futures dell’oro.
Performance % YTD Gold Futures vs Dollar Index – Fonte: Bloomberg


Anche l’analisi del posizionamento dei differenti operatori sul mercato a termine aiuta ad effettuare una stima probabilistica degli scenari futuri. In particolare, il grafico successivo mostra l’andamento delle posizioni nette (differenza tra lunghe e corte) in contratti futures assunte quest’anno dagli operatori fisici sull’oro, definiti nel report settimanale della U.S. Commodity Futures Trading Commission con il nome di Commercials. Il comportamento di tale categoria, che include prevalentemente i soggetti produttori e gli acquirenti della materia prima, è spesso dettato da una conoscenza approfondita delle dinamiche che ne regolano domanda e offerta. Pertanto, esso può essere esaminato al fine di individuare inversioni di tendenza. Nello specifico, le posizioni corte sono progressivamente diminuite dallo scorso maggio, fino a giungere ad un posizionamento netto long ad inizio mese. Questa indicazione suggerisce una scarsa propensione ad effettuare operazioni di copertura ai prezzi correnti che, quindi, possono essere interpretati come un attraente livello di ingresso di breve periodo.
CFTC CMX Gold Net Commercial Futures Positions – Fonte: Bloomberg

Infine, occorre non sottovalutare il potenziale incremento dei flussi in acquisto dettato da panic selling sulle Borse. Nella seduta dell’11 ottobre, infatti, le quotazioni dell’oro hanno registrato una variazione superiore al 2,5%, archiviando il balzo giornaliero più ampio dal voto pro-Brexit del giugno 2016, in controtendenza con la chiusura negativa di oltre il 2,3% per l’indice americano S&P 500. Le elevate valutazioni raggiunte sui listini statunitensi destano preoccupazione, in uno scenario in cui sono diventati sempre più indispensabili dati macro estremamente favorevoli ed utili aziendali in costante crescita che le giustifichino. In aggiunta, i numerosi focolai di rischio geopolitico esistenti costituiscono una variabile destabilizzante che, pur manifestandosi a corrente alternata, appare in grado di mettere a dura prova la resilienza del mercato toro partito nel 2009.

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