Segnali sbagliati?

A cura di Allianz GI

All’inizio della scorsa settimana sembrava quasi che gli investitori volessero prendersi una pausa dopo i nuovi massimi raggiunti dai mercati azionari USA. Probabilmente, era necessario un po’ di tempo per concentrarsi sulle ultime riunioni dell’anno delle Banche Centrali, tra cui BCE e Federal Reserve.

I dati sull’inflazione in Cina, pubblicati nel corso del weekend, nel complesso sono risultati in linea con le aspettative. L’inflazione dei prezzi alla produzione sembra destinata a rallentare ancora nei prossimi mesi, con il calo delle materie prime e il rallentamento del momentum sulla crescita. Tali dinamiche e l’aumento dei finanziamenti erogati in novembre potrebbero dissipare i timori degli operatori di mercato circa un possibile inasprimento della politica monetaria da parte dell’istituto centrale cinese (PBOC) in concomitanza con l’aumento del tassi sui Fed funds.

La Fed, a sua volta, continuerà probabilmente a normalizzare la politica monetaria dopo il rialzo dei tassi della scorsa settimana. Anche le altre grandi Banche Centrali cominciano a pianificare una normalizzazione monetaria. Il rapporto sul mercato del lavoro USA relativo al mese di novembre ha confermato la solidità del percorso di espansione dell’economia americana malgrado la crescita salariale ancora contenuta. La prevista riforma fiscale e gli stimoli conseguenti potrebbero estendere la durata del ciclo economico, ma potrebbero anche, in uno scenario più rischioso, rallentare la crescita stessa, qualora provocassero un’accelerazione dell’inflazione.

Nonostante la robusta crescita economica, prosegue il flattening della curva dei rendimenti USA: lo spread tra scadenze a breve e a lungo termine si è ridotto. Un’evoluzione insolita, poiché tendenzialmente una curva dei rendimenti più piatta indica un rallentamento della crescita. Gli operatori di mercato sono piuttosto preoccupati, dato che in passato la curva dei rendimenti ha costituito un indicatore relativamente attendibile di future recessioni. In caso di inversione della curva dei rendimenti USA, per gli investitori aumentano le probabilità di una recessione nei successivi 12 mesi.

Ma potrebbe trattarsi di un segnale sbagliato; al momento, non si vedono infatti segni di recessione. Negli ultimi due mesi i dati macroeconomici globali sono notevolmente migliorati, come dimostra ad esempio l’indice “Citi Economic Surprise”. Nello stesso tempo, le divergenze cicliche tra i vari Paesi si sono ridotte, a parte qualche eccezione, come Regno Unito o Cina. Siamo convinti che nel 2018 l’economia mondiale continuerà a crescere ad un tasso superiore al potenziale; ciò significa che, questa volta, la curva dei rendimenti potrebbe rivelarsi un indicatore inaffidabile, probabilmente a causa delle politiche monetarie non convenzionali perseguite dalle Banche centrali a livello globale.

La settimana appena iniziata

Nel corso della settimana saranno pubblicati una serie di dati relativi all’economia reale USA:

  • Gli indicatori anticipatori di diverse Fed regionali, come il “Chicago Fed National Activity Index” o il “Philadelphia Fed Index” (entrambi attesi per giovedì), potrebbero fornire i primi indizi di un rallentamento negli USA, dato che il ciclo americano è ormai in fase avanzata.
  • Venerdì, l’attenzione sarà focalizzata sul deflatore della spesa al consumo del settore privato (esclusi alimentari ed energia). Tale dato, fondamentale per le previsioni di inflazione della Fed, potrebbe preludere a un rialzo dei tassi superiore alle aspettative del mercato nel corso del 2018.
  • Gli ordinativi di beni strumentali (venerdì) faranno luce sulla disponibilità a investire delle aziende. I dati potrebbero sorprendere al rialzo e confermare l’idea che l’attività di investimento probabilmente fornirà un contributo positivo alla crescita del quarto trimestre.

In Europa sarà protagonista la fiducia dei consumatori: giovedì usciranno i dati relativi a Eurozona e Regno Unito, venerdì quelli sulla Germania. Tali indici potrebbero dirci se le vendite al dettaglio beneficeranno di una maggiore propensione agli acquisti, in particolare a fronte della solidità del mercato del lavoro. Proprio come i PMI, l’indice del sentiment delle imprese ifo martedì confermerà probabilmente che lo scenario di ripresa resta intatto.

In Asia, i prezzi del real estate cinese sosterranno probabilmente la nostra tesi secondo cui un altro rallentamento del mercato immobiliare locale indicherebbe una fase di rallentamento della crescita. I dati sul commercio giapponese dovrebbero evidenziare la solidità del trend in atto nell’export (lunedì).

Act

Storicamente, l’appiattimento della curva dei rendimenti indica che il ciclo economico è in fase avanzata. Ciò vale soprattutto per gli Stati Uniti, dove il ciclo attuale ha quasi raggiunto il 100° mese, contro una durata media di circa 60 mesi. Eppure, una recessione sembra improbabile. Un’analisi della Fed di New York calcola una probabilità del 10% circa di una recessione USA nei prossimi 12 mesi. Gli investitori azionari, almeno, sono ancora ottimisti circa la crescita americana. Anche se l’indicatore di forza relativa suggerisce che i listini statunitensi sono tecnicamente in ipercomprato (l’indicatore ha raggiunto il livello più alto dal 1995), recentemente il numero di “bulls” in America è aumentato ancora. Ed è aumentata anche la domanda di opzioni call sul mercato azionario USA.

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