Sempre più Esg nel futuro dei fondi pensione

A cura di Marco Ghilotti, Senior manager – Institutional Clients di Pictet Asset Management e analista ESG

Gli investimenti in Esg, considerando il totale degli Asset Manager e degli Asset Owner europei, hanno raggiunto un volume totale di 20 trilioni di euro a fine 2018, secondo lo European Sri Study di Eurosif.

Tuttavia, parlare genericamente di Esg può essere fuorviante, in quanto dietro questa etichetta sono raggruppati prodotti molto diversi tra di loro per struttura e strategia sottostante. La tassonomia riportata da Eurosif classifica i fondi sostenibili in sette categorie, ognuna delle quali integra i fattori Esg nella ricerca, analisi e selezione dei titoli in portafoglio, con l’obiettivo di catturare i migliori ritorni di lungo termine per l’investitore, assicurandosi, nel contempo, che il comportamento delle aziende sottostanti sia benefico per la società.

Per quanto riguarda le categorie, si va dalla più semplice esclusione di interi settori (armi, alcol, tabacco, pornografia) a quelle più complesse dell’impact investing e del sustainability themed investment, il primo raccogliendo gli investimenti che producono un impatto positivo su ambiente e società; i secondi i macrotrend secolari. Tra le strategie complesse compare anche quella dell’Engagement, che prevede il coinvolgimento diretto dell’investitore il quale esprime il proprio voto sulle questioni attinenti alla sostenibilità sollevate all’interno delle assemblee degli azionisti o direttamente con il management. In mezzo, la best-in-class investment selection, la norms-based screening e l’integrazione.

 

Italia, mercato dei fondi sostenibili che cresce a tre cifre

In Europa prevale ancora la strategia dell’esclusione, che caratterizza quasi la metà dei fondi Esg europei, per un volume di 9,5 miliardi di euro. Tuttavia, la seconda strategia per dimensioni è quella che prevede un’azione di “engagement e “voting” e cresce al ritmo del 27% annuo, indicando che qualcosa, anche nel mondo della sostenibilità, sta cambiando. E anche velocemente.

I Paesi con i maggiori tassi di crescita nell’area, nell’ultimo biennio, sono stati Polonia (+159%) e Italia (+154%). L’Italia ha raggiungo asset superiori a 1,5 trilioni di euro: anche in questo caso le strategie di esclusione sono preponderanti. Tuttavia, il nostro è il Paese con la fetta maggiore di investimenti cosiddetti impacting (pari a 51 miliardi di euro su un totale di 108 miliardi per tutta l’Europa); la strategia Sustainability Themed ha segnato il maggior tasso di crescita negli ultimi tre anni, raggiungendo il traguardo dei 53 miliardi.

 

I vantaggi per i fondi pensione che investono in Esg

Un segnale forte dell’evoluzione positiva del mercato domestico, che dimostra che la delega affidata al gestore sia la scelta giusta per l’investitore istituzionale. Le strategie più sofisticate hanno dimostrato di essere anche quelle capaci, nel lungo termine, di garantire le performance migliori.

Un indicatore grezzo come il confronto tra l’indice MSCI World ESG Net Total Return, che rappresenta azioni di tutto il mondo rispettose dei criteri ESG, e l’indice MSCI AC World Daily Net Total Return, il premio ESG cumulato dal 2007 a tutto il primo trimestre 2019, ammonta al 6% circa.

Secondo un recente studio del Politecnico di Milano che ha preso in considerazione l’EUROSTOXX 600 nel periodo 2012-2017, l’over-performance è di quasi il 3% annuo per le aziende ad alto punteggio ESG nei confronti di quelli a basso punteggio. Le aziende con alto rating Esg sono, infatti, anche le più efficienti nell’aumentare i volumi di fatturato e nel migliorare la marginalità operativa: nei cinque anni osservati, i titoli caratterizzati dal punteggio Esg più elevato hanno registrato una performance cumulata dell’86,1% (13,2% annualizzata) contro il 70,9% (11,3%) dei portafogli a basso contenuto di Esg.

 

Controllo del rischio

Le strategie Esg che, come notato, diventano sempre più impacting e basate sui megatrend, sono quelle dunque maggiormente in linea con gli obiettivi di rendimento e stabilità nel lungo periodo, ma anche di controllo del rischio degli investitori istituzionali. Secondo un recente studio accademico (ESG Shareholder Engagement and Downside Risk di Andreas G. F. Hoepner, Ioannis Oikonomou, Zacharias Sautner, Laura T. Starks; https://www.researchgate.net/publication/318002428_ESG_Shareholder_Engagement_and_Downside_Risk) il value at risk (Var), il parametro che indica la probabilità di perdita massima potenziale, in sostanza il rischio finanziario di un titolo o un portafoglio, è ridotto mediamente del 20% dall’engagement. E, in generale, il rischio è costantemente inferiore nei casi in cui la politica Esg di un’azienda è riuscita a centrare almeno due obiettivi che si era prefissata; la governance ottiene l’effetto più forte.  E non è un caso che i Fondi pensione italiani (e in generale europei) guardino con sempre maggiore interesse a questo approccio.

 

La situazione italiana (Fondi pensione ed Esg)

Nelle considerazioni del Presidente attinenti all’ultima Relazione annuale Covip https://www.covip.it/wp-content/uploads/Considerazioni-del-Presidente-20190612.pdf

si evidenzia come “l’Unione europea richiami l’attenzione dei fondi pensione e di tutti gli investitori istituzionali sull’esigenza di adottare, in materia di investimento delle risorse, un approccio strategico e di lungo periodo, che tenga conto dei fattori Esg nella valutazione e gestione dei rischi, oltre che nella definizione e realizzazione delle strategie di investimento.

Nel convincimento che la sostenibilità costituisca, oramai anche nel sentire comune, un valore di per sé e che, nel mondo dell’impresa e della finanza, tale valore è sempre più chiaramente percepito come valore “economico”, la capacità di intercettare, monitorare e gestire i fattori ESG assume nuova veste e il rischio ESG entra a pieno titolo tra quelli che caratterizzano gli investimenti nel lungo periodo”. D’altronde la Covip anche nella precedente relazione (https://www.covip.it/wp-content/files_mf/1533224551RelazioneAnnuale2017def.pdf) aveva sottolineato che “tra fondi pensione e investimenti sostenibili appare esservi una naturale affinità̀”.

Ma è Assofondipensione, l’associazione di categoria dei fondi negoziali, nel Rapporto 2017 (http://www.assofondipensione.it/cms/index.php?page=util&action=open&id=586), a dare una misura del fenomeno in Italia: dei 32 fondi associati ad Assofondipensione, 14 operatori previdenziali utilizzano un approccio SRI per tutto o parte dei propri investimenti, mentre i rimanenti 18 fondi pensione non adottano alcun criterio di tipo SRI. La metà dei fondi (7 su 14) impiega benchmark specifici promossi da società che si occupano di investimenti SRI. A livello di strategie, le Esclusioni e l’Engagement sono dominanti tra i piani pensionistici, con cinque fondi negoziali che le applicano. Ma questa è ormai storia, seppur recente. Nel frattempo, gli investitori si sono mossi velocemente: lo rileva la quarta edizione dell’Osservatorio del Forum per la finanza sostenibile, realizzato in collaborazione con Mefop (http://finanzasostenibile.it/wp-content/uploads/2018/11/benchmark-2018-WEB.pdf). Il campione analizzato è composto dai primi 10 piani previdenziali all’interno di cinque diverse categorie (tra cui Casse di previdenza, Fondi pensione negoziale e Fondi pensione aperti) per masse gestite, complessivamente, di circa 169 miliardi. Dei 43 soggetti (86% del campione) che hanno risposto al sondaggio, 16 applicavano nel 2018 strategie Esg, con una preferenza spiccata per convenzioni internazionali ed esclusioni, seguite da engagement e impact investing.

Rileva che l’integrazione di criteri Esg sia in crescita in tutte le asset class (azioni, corporate e titoli di Stato). In generale, per il 63% dei rispondenti il tasso di copertura delle politiche Sri adottate che si estende a più del 50% del patrimonio (e a più del 75% per il 56% degli stessi investitori).

La spinta normativa

Nel prossimo futuro, a spingere i piani previdenziali all’adozione di scelte sostenibili saranno anche le novità normative in arrivo dall’Unione europea, prima fra tutte la Direttiva IORP II che obbligherà gli enti pensionistici aziendali o professionali, a fornire disclosure sul modo in cui le tematiche socio/ambientali sono integrate nella gestione finanziaria e nell’analisi dei rischi di investimento.

Si legge nella direttiva in consultazione https://www.covip.it/wp-content/uploads/Documento-per-la-consultazione.pdf che «i fattori ambientali, sociali e di governo societario (cosiddetti “fattori Esg”) rappresentano declinazione dei principi di investimento responsabile ampiamente promossi in ambito internazionale e si configurano come particolarmente significativi per la politica di investimento e i sistemi di gestione del rischio delle forme pensionistiche complementari, anche considerando la loro valenza di investitori istituzionali». E ancora: «I fondi pensione negoziali e preesistenti con soggettività giuridica devono, pertanto, disporre di un sistema di governo idoneo ad assicurare la sana e prudente gestione dei rischi che gravano sul fondo pensione, inclusi i rischi Esg. Il sistema di gestione dei rischi e la valutazione interna dei rischi devono, quindi, prendere in considerazione anche i rischi connessi ai fattori Esg ai quali il fondo è o potrebbe essere esposto, nonché le relative interdipendenze con altri rischi».

La strada è segnata e già intrapresa da molti. Non occorre molto altro se non un costante dialogo tra stakeholder: l’investitore istituzionale che, pur all’interno delle linee guida del regolatore, delega al gestore in piena fiducia l’implementazione dei portafogli. I risultati, finanziari ed extra finanziari, arriveranno di conseguenza.

La sostenibilità non può essere né una moda né un approccio di marketing. Pictet Asset Management investe in questo ambito dal 1999, anno del lancio del primo fondo mondiale sull’acqua. La gamma di strategie tematiche di Pictet AM negli anni si è poi ampliata (oltre una decina a oggi) includendo megatrend che puntano sui temi della sostenibilità del prossimo futuro (e che poi si intersecano in idee concrete di investimento: Nutrition, Timber, Clean Energy, Global Environmental Opportunities e Smart City ne sono alcuni esempi). Più operativamente, i nostri gestori selezionano titoli di società che offrono soluzioni a problemi ambientali come il cambiamento climatico e che favoriscano il passaggio a una economia a bassa intensità di carbone: energia pulita, gestione dello spreco, controllo delle emissioni dell’aria sono temi per noi classici. Nel frattempo, nel 2007, abbiamo aderito ai Principles for Responsible Investment (PRI) delle Nazioni Unite.

Forti di un track record ventennale, a fine 2018, abbiamo integrato i criteri di selezione Esg in tutte le nostre strategie. Non solo. Pictet AM interpreta il concetto di sostenibilità a 360 gradi: per questo di recente ha avviato un ambizioso progetto per rendere tutti gli uffici dei vari Paesi plastic-free, raddoppiando il programma avviato nel 2007 di riduzione delle emissioni di carbonio per dipendente del 40% entro il 2020. Inoltre, il quartier generale di Ginevra ha ospitato per anni il più grande impianto fotovoltaico privato della Svizzera. Infine, da dieci anni, Pictet organizza il Prix Pictet, il più importante concorso fotografico mondiale per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della sostenibilità.

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