Sondaggio Aibe: opportunità per fondi e aziende esteri di estendere il controllo sul made in Italy

Moderato deflusso di capitali dall’Italia e ripresa delle attività produttive entro l’anno; opportunità per fondi e aziende estere di estendere il controllo sul made in Italy, sì a iniziative di condivisione del debito (Eurobond) ma insieme ad altri strumenti; nessun pregiudizio all’impiego del Mes. Questo, in sintesi, il risultato della prima “Instant Survey” condotta da Aibe (Associazione Italiana Banche Estere), con la collaborazione del Censis, per sondare l’opinione sulle misure economiche e di contenimento prese dal Governo a seguito della pandemia e confrontarsi sugli elementi che hanno particolare rilevanza per l’Italia, per il suo grado di attrattività e per le prospettive di ripresa nei prossimi mesi.

La rilevazione – cui seguirà a settembre una seconda edizione quando il quadro generale del contagio e dell’impatto economico sarà più consolidato – è stata condotta dal 5 al 15 maggio presso un panel internazionale di società finanziarie, fondi di investimento, imprese multinazionali. Nel dettaglio l’indagine si è concentrata su tre elementi: 1) la direzione dei flussi di investimento, in entrata e in uscita, che riguardano l’Italia in questa fase; 2) la valutazione sulle politiche e gli strumenti messi in atto dai diversi paesi per contrastare l’emergenza; 3) il ruolo dell’Unione europea e le politiche di contrasto all’emergenza.

Impatto della pandemia sui flussi di investimento in ingresso e in uscita dall’Italia

Per certi aspetti, la domanda sottoposta alla valutazione del panel può essere considerata al pari di un giudizio complessivo sulla tenuta del sistema Italia di fronte alla crisi. Il 38,8% delle risposte prospetta un moderato deflusso di capitali in attesa di una ripresa delle attività nel corso del 2020 (tab. 1).

A seguire, circa un terzo delle risposte (32,7%) ritiene plausibile il verificarsi, invece, di un moderato afflusso di risorse verso quei settori per i quali proprio la pandemia ha determinato un aumento della domanda: su tutti la filiera farmaceutica-medicale e quella alimentare, nei confronti delle quali si sta osservando un oggettivo orientamento della domanda interna.
In generale, l’area della sfiducia sulla tenuta del sistema economico italiano e sulle possibilità di recupero a medio termine della sua forza produttiva è circoscritta al 16,2% delle risposte.

Netto è invece l’orientamento del panel al quesito riguardante la possibilità che si verifichi, in questa fase, una sorta di “shopping” delle imprese italiane, favorito anche da una maggiore debolezza sul versante della capitalizzazione. L’84% delle risposte (fig. 1) ritiene che l’ipotesi dell’estensione del controllo di imprese italiane da parte di soggetti esteri sia verosimile e considera quindi questa situazione profittevole soprattutto in ambiti di attività di elezione del made in Italy, come buona parte del manifatturiero, l’agroalimentare, la moda. Rilevazione, questa, che conferma i valori già rilevati dalla indagine annuale Aibe-Index sull’attrattività del sistema Italia.

Valutazione sulle politiche e gli strumenti messi in atto dai diversi paesi per contrastare l’emergenza

La Germania, secondo il 93,2% del panel, è stata la nazione che meglio di tutte ha avuto la migliore capacità di risposta al contagio. Segue la Corea del Sud con il 79,5% e la Cina (50%). Spagna e Regno Unito sono stati percepiti dal Panel come i più inefficaci (tabella 2). Il giudizio in questo caso contempla, da un lato, la questione della salute pubblica (capacità dei sistemi sanitari di sopportare l’onda d’urto di un numero di malati crescente e concentrata nel tempo e nello spazio) e, dall’altro, quella del trade off fra il grado di continuazione delle attività economiche (produttive e di scambio) e contenimento della diffusione del coronavirus.

In questo caso, al panel è stata data facoltà di indicare non solo i tre paesi più efficaci, ma anche la possibilità di ordinare in una graduatoria decrescente di efficacia (al primo, secondo e terzo posto) le tre indicazioni espresse.

Il ruolo dell’Unione europea e le politiche per di contrasto all’emergenza

Fra le diverse misure proposte dall’Ue e sottoposte al panel, l’eventualità di emettere obbligazioni comunitarie per sostenere l’impatto del Covid-19 e per avviare la ripresa dell’Unione, ha stimolato un esteso dibattito.

Le posizioni a favore e contro hanno riproposto anche in questo caso una divaricazione fra i paesi del Nord Europa – e segnatamente l’Olanda e la Germania – che hanno ostacolato il varo di questa misura, e i paesi del Sud Europa, con Italia e Spagna in prima fila, ma supportate, in maniera decisa questa volta, anche dalla Francia.

La richiesta di valutazione al panel concerneva l’indispensabilità dello strumento, data la gravità della situazione e l’auspicabilità della sua adozione. Il 58% dei componenti del panel considera utili gli eurobond, con la condivisione del debito pubblico, ma segnala anche la necessità che questo strumento sia affiancato da altri dispositivi (tab. 3).

Il resto delle risposte si distribuisce in maniera equa sugli altri tre item (14,0% per ognuno). Da una lettura trasversale delle risposte, emerge comunque un’apertura, seppure condizionata, all’utilizzo dello strumento, mentre l’area dell’esclusione a priori degli eurobond resta piuttosto circoscritta.

Un discreto grado di fiducia per sostenere la fase di ripresa in Europa è invece assegnato al Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), anche questo oggetto di un intenso dibattito fra i paesi membri, ma soprattutto in Italia, a causa delle condizionalità con cui questo strumento è stato impiegato in alcuni paesi per ripristinare la stabilità finanziaria dopo la crisi del 2008. Il 34,7% delle risposte considera utile il ricorso al Mes, mentre circa un terzo del panel richiama l’attenzione alle potenzialità di intervento che sono conferite alla Banca Europea degli Investimenti (tab. 4).

Poco meno di un quarto delle risposte considera importante estendere l’intervento della Banca Centrale Europea nell’acquisto di titoli del debito pubblico dei paesi – dando così non solo continuità, ma anche una direzione più decisa al quantitative easing esercitato dalla banca in questi anni – mentre solo 10 risposte su 100 considerano utile ricorrere alla cancellazione di parte del debito detenuta dalla banca centrale.

“Nonostante la forte esposizione dell’Italia al contagio e la rigida configurazione del lockdown, gli osservatori e operatori internazionali hanno evitato giudizi e valutazioni drastiche sulla possibilità di ripresa dell’Italia. Non c’è una sfiducia di fondo a seguito delle misure prese per affrontare la pandemia”, commenta Guido Rosa, Presidente di Aibe. “Prevale, in sostanza, una sospensione del giudizio, a fronte di un contesto difficile da prevedere e da interpretare con chiarezza. Se ne ricava, dunque, una valutazione ‘fredda’ e razionale degli effetti della pandemia sull’economia italiana, senza eccessivi allarmismi, ma lontana dall’elargire facili rassicurazioni. Detto questo, la situazione economico-politica merita, a mio avviso, tre riflessioni: 1) la crisi ha messo in evidenza la fragilità del funzionamento istituzionale interno dello stato, sottolineando una marcata conflittualità e concorrenzialità tra i diversi livelli di governo. Questo non è un messaggio positivo per gli investitori esteri che stanno osservando con particolare attenzione all’evolversi del contesto economico e politico del nostro Paese. 2) Dalla crisi non si esce attraverso proclami e prese di posizione ideologiche, e questo lo hanno capito anche gli osservatori esteri. Serve un’azione congiunta di diversi strumenti tra cui certamente un recovery fund finanziato con risorse comuni e con trasferimenti diretti, ma anche prestiti a tasso agevolato (attraverso il Mes nella nuova versione proposta dalla Commissione). E’ impensabile fare a meno di tutti gli strumenti disponibili solo per una questione di opportunità politica anche perché Il rischio, sempre attuale, è che la crisi reale dell’economia possa riflettersi sulla fiducia dei mercati. 3) Detto questo, occorre anche sottolineare che gli aiuti europei non sono sostituivi della necessità di iniziare un periodo di riforme strutturali (e cioè burocrazia, fisco, giustizia, semplificazione e chiarezza legislativa – come anche evidenziato nella ricerca AIBE-Index del 2019). Il fatto che la Commissione Europea abbia accennato alla necessità di riforme per chi chiederà aiuto finanziario, non deve essere vista come una imposizione ma come una opportunità. L’Italia rischia di diventare una democrazia che muore di burocrazia. 4) I corsi di borsa particolarmente depressi, uniti alle difficoltà economiche di molte aziende, potrebbero portare ad accelerare i processi di acquisizione da parte di operatori internazionali. Se è comprensibile che il Governo utilizzi lo strumento della golden rule per preservare le aziende a valenza strategica, dobbiamo anche ricordare che viviamo in un mondo globalizzato per cui non ha senso dire che il capitale straniero, tout court, non va bene, soprattutto se è di origine europea. A mio avviso è invece ora di rivedere le regole di concorrenza europee per consentire la nascita e la proliferazione di campioni continentali in grado di competere con i colossi statunitensi e cinesi. Piccolo non è più sinonimo di bello, né in Italia né in Europa”.

Conclude Rosa: “Un’ultima considerazione riguarda la Politica e i provvedimenti per il rilancio dell’economia che, in questa fase, si basano molto sul principio della redistribuzione del valore. Pur comprendendo che sia corretto e giusto sostenere il reddito delle classi più disagiate e delle attività che maggiormente sono state colpite dalla crisi (anche se i soldi promessi non sono ancora giunti agli aventi diritto, compresi quelli riservati ai soggetti in cassa integrazione), il governo deve pensare a provvedimenti decisi per stimolare e accrescere la produzione industriale e di servizi, cioè mettere in condizione le aziende di creare valore aggiunto e posti di lavoro”.

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