Sulle Borse europee dovrebbero tornare a prevalere le variabili economiche

Se non vi saranno sorprese dell’ultima ora, dopo diverse settimane dominate dall’incertezza sulla crisi greca, le variabili economiche potranno finalmente tornare al centro della scena.
Se la Merkel aveva già lasciato intendere in più occasioni la disponibilità ad un compromesso, nello scorso week-end Tsipras, messo sotto pressione dalla fuga di capitali dal sistema bancario, per la prima volta è andato seriamente incontro alle richieste dei creditori. Ieri, il Presidente dell’ Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha dichiarato che la nuova proposta del Governo greco è una buona base su cui trattare, mentre il Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, ha aggiunto di attendersi il raggiungimento di un accordo entro la settimana.

Nello specifico il nuovo piano presentato dal Governo greco prevedrebbe interventi sulle pensioni, l’aumento dell’Iva e l’aumento della tassa di solidarietà sui redditi più alti e su quelli d’impresa. Soprattutto, il Governo avrebbe di fatto accettato le richieste dei creditori in termini di avanzo primario (1% quest’anno, 2% il prossimo e 3% il successivo) e promesso l’inserimento di una clausola di salvaguardia del bilancio che prevedrebbe il taglio automatico della spesa pubblica in caso di sforamento dell’obiettivo del pareggio.

A questo punto i due passaggi fondamentali diventano la riunione dell’Eurogruppo di mercoledì sera a cui seguirà il summit di due giorni dei leaders europei che prenderà il via giovedì.
Se nei prossimi giorni sarà raggiunto un accordo gli ostacoli successivi saranno l’approvazione da parte dei Governi europei e da parte del Parlamento greco.

Sul primo punto, anche se sei paesi, tra cui la Germania, dovranno ottenere l’approvazione parlamentare, non crediamo vi siano particolari problematiche. La situazione sul fronte greco, invece, potrebbe essere più incerta, considerando che all’interno di Syriza risiede una minoranza piuttosto corposa contraria all’ultima proposta inviata. I tempi potrebbero allungarsi, magari con la necessità di un rimpasto di Governo oppure con il ricorso ad un referendum, ma non crediamo che l’intesa faticosamente raggiunta sarebbe a rischio (tra l’altro, da parte dei creditori sarebbe sicuramente gradita una eventuale modifica della coalizione di Governo con l’ingresso di soggetti politici meno radicali).

Archiviata, per il momento, la crisi greca (tra l’altro, con un accordo che sembrerebbe anche di discreta qualità), nella valutazione delle Borse europee tornerebbero a prevalere gli aspetti economici, così come verificatosi nei primi mesi dell’anno:
– buon momentum dell’economia, che ha trovato ancora una conferma negli indici PMI pubblicati oggi, in miglioramento e sopra le aspettative (l’Eurozone Composite PMI ha fatto segnare nuovi massimi);
– una politica monetaria ancora fortemente espansiva;
– valutazioni non così tirate sui fondamentali, soprattutto se si prendono a riferimento i multipli mediati per il ciclo.

Come abbiamo già accennato nello scorso numero, con il rientro del rischio Grecia, questi elementi dovrebbero essere validi soprattutto per le aree periferiche dove il maggior spazio di miglioramento dell’economia ed il più elevato premio per il rischio dovrebbero più che compensare l’eventuale rialzo dei rendimenti obbligazionari.

Sul fronte americano, dal FOMC della settimana scorsa sono prevalse le indicazioni dovish: la Yellen ha ribadito l’obiettivo di avviare il rialzo dei tassi entro la fine dell’anno, ma ha anche sottolineato come la decisione sarà “data dependent” e soprattutto ha ripetuto in più occasioni che il processo di rialzo avrà luogo in modo estremamente graduale; la vera sorpresa è giunta dai “dots”, le previsioni sull’andamento futuro dei tassi da parte dei membri della FED, con un netto aumento di coloro che prevedono un solo rialzo dei tassi nel 2015.

L’atteggiamento cauto della FED ed i segnali di riaccelerazione dell’economia sono sicuramente di supporto per Wall Street, ma sembra difficile che possano garantire ampi spazi di rivalutazione considerata la delicata fase del ciclo (con il difficile bilanciamento tra crescita e aspettative di rialzo dei tassi) e le valutazioni decisamente piene sui fondamentali.

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