Trading ad alta frequenza: gli algoritmi dominano il mercato?

A cura di Flora Liliana Menicocci

Super computer in grado di effettuare milioni di transazioni in un battito di ciglia e su più mercati simultaneamente, inondandoli di ordini di acquisto fittizi. Servendosi di algoritmi matematici, si vengono a creare sistemi di negoziazione ad alta frequenza, finalizzati non allʼacquisto di titoli, bensì ad una mole di ordini di acquisto che vengono cancellati in una frazione di secondo. In tal modo, le banche di investimento e i fondi speculativi sono in grado sia di monitorare numerosi mercati finanziari globali, individuando le tendenze di vendita ed acquisto ben prima che si rendano evidenti ad altri investitori, sia di assicurarsi sottili margini di guadagno per ciascuna operazione.

Un elevato numero di tali operazioni moltiplica il singolo rendimento in un profitto reale, proporzionato al volume degli interventi di trading. Al contempo, viene messa in circolazione liquidità nei mercati, il che a sua volta influenza lo spread, rendendolo più contenuto. Si stima che il 70% del totale degli scambi sul mercato statunitense ed il 40% su quello europeo vengano generati in modo automatico dai sistemi di trading ad alta frequenza – High Frequency Trading (Hft) –, dei quali soltanto una percentuale irrisoria si conclude con un contratto. Il sistema di negoziazioni ad alta frequenza è stato introdotto nel 1998 negli Usa e a partire dal 2008 ha rappresentato circa la metà del volume di mercato dei titoli azionari statunitensi. In Europa, lʼHft è emerso nel 2006, stabilizzandosi sullo stesso andamento dei volumi statunitensi a partire dal 2010.

I rischi del trading algoritmico ad alta frequenza

I computer che si interfacciano con le piattaforme di trading eseguono ordini che non necessitano di un intervento umano immediato. Basandosi su degli algoritmi, le macchine sono in grado di analizzare il mercato – raccogliendo informazioni a velocità notevolmente elevate – e restituire istruzioni dettagliate nellʼarco di millisecondi. Esiste una varietà di algoritmi, in base agli obiettivi e ai parametri prestabiliti dallʼattività dellʼinvestitore professionale o istituzionale a cui generalmente è collegato il trading automatico. In ogni caso, tale sistema è utilizzato per generare decisioni di trading in tempo reale senza intervento umano. Il trading ad alta frequenza, come tipologia di trading algoritmico, è stato oggetto di numerose critiche a causa del vantaggio non equo di cui si avvalgono gli operatori che lo praticano, rispetto a coloro che utilizzano sistemi tradizionali. In aggiunta, gli elevati volumi di ordini flash – in altre parole, a vuoto – sono considerati da alcuni analisti fra le cause della volatilità dei mercati, oltre a prestarsi alla manipolazione dei prezzi dei titoli tramite tecniche non lecite. Pertanto, oltre alla nota Tobin tax per penalizzare le transazioni finanziarie speculative, sia in ambito europeo che statunitense è stato avviato uno specifico intervento normativo, volto a limitare i rischi associati allʼHft.

La normativa europea per il trading ad alta frequenza

La MiFid II, alias direttiva 2014/65/EU, definisce il trading ad alta frequenza come “qualsiasi tecnica di negoziazione algoritmica caratterizzata da: a) infrastrutture volte a ridurre al minimo le latenze di rete e di altro genere, compresa almeno una delle strutture per lʼinserimento algoritmico dellʼordine, co-ubicazione, hosting di prossimità o accesso elettronico a velocità elevata; b) determinazione da parte del sistema dellʼinizializzazione, generazione, trasmissione o esecuzione dellʼordine senza intervento umano per il singolo ordine o negoziazione, e c) elevato traffico infragiornaliero di messaggi consistenti in ordini, quotazioni o cancellazioni”. In base allʼArticolo 17, non soltanto le imprese, ma anche i soggetti privati rientrano nellʼapplicazione della suddetta normativa. Se in passato anche un cavo fibra ottica poteva bastare a fare la differenza per il successo competitivo del trading ad alta frequenza, allo stato attuale le società di investimento che ne fanno uso devono predisporre un sistema di controllo per prevenire lʼinvio di ordini errati – i quali potrebbero causare disordini sul mercato – nonché stabilire adeguate soglie di trading. Le imprese hanno inoltre lʼobbligo di stabilire delle disposizioni di continuità, al fine di fronteggiare un eventuale fallimento del proprio sistema di Hft, nonché lʼobbligo di notificare alle autorità competenti lʼutilizzo delle tecniche di trading algoritmico, assieme alla dettagliata descrizione delle strategie messe in atto, dei relativi parametri e dei limiti del sistema impiegato.

In particolare, le società di Hft devono rendere disponibili le sequenze temporali di tutti gli ordini effettuati, comprese le relative cancellazioni e quotazioni finanziarie. I mercati europei, infine, devono limitare la percentuale di ordini non eseguiti per prevenire il rischio di raggiungere la massima capacità del sistema, un fenomeno denominato “flash crash”. Se in Europa la normativa comunitaria si è indirizzata verso una limitazione delle pratiche di trading ad alta frequenza, al contrario Oltreoceano – nonostante lʼirrigidimento normativo precedentemente introdotto dalla Financial Industry Regulatory Authority (Finra) – la presidenza Trump sembrerebbe propensa a unʼapertura verso tali operazioni sul mercato finanziario statunitense. Ciò nonostante, per regolamentare in maniera efficace il settore del trading ad alta frequenza – come evidenziato dai ricercatori della London School of Economics and Political Science – occorre tuttora stabilirne una definizione globalmente univoca.

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