Trimestrali e dati macro riportano la volatilità sui mercati

Fine mese in vista e giornata di fuoco per i mercati azionari europei oggi alle prese con le trimestrali delle maggiori aziende con una capitalizzazione complessiva che eccede i due trilioni di dollari. Sui listini grava poi oggi il dato prelimiare sul PIL della Germania nel secondo trimestre: -10,1%, inferiore alla rilevazione precedente e al consensus fissati rispettivamente su un calo del 2% e del 9%.

La tanto attesa conferenza stampa della FED non porta ieri troppe novità, se non un fermo impegno della Banca Centrale ad adottare tutti gli strumenti necessari a combattere quella che Jerome Powell ha definito senza mezzi termini la peggiore recessione della nostra vita. Il chairman della FED non l’ha toccata piano e non ha per nulla edulcorato la pillola delle crescenti preoccupazioni relative alla diffusione del virus ed alle conseguenti ricadute economiche da esso generate, ed a guardare i numeri non ha tutti i torti, con il bilancio dei decessi negli States che ha superato quota 150.000 (il bilancio più elevato al mondo) e ben sei Stati dell’unione che ieri hanno riferito un nuovo record nei decessi.

E in attesa di un vaccino, si guarda all’emisfero australe per cercare di capire come potrebbe reagire il virus al ritorno della stagione invernale e beh, le notizie anche qui non sono positive.

Al di la delle trimestrali, la fine della settimana ci riserva anche dati macro di una certa rilevanza, tra cui la lettura del PIL USA del secondo trimestre, previsto in calo di un 35% che non ha precedenti, ed i PMI manifatturieri cinesi venerdì che potrebbero confermare la narrativa di una ripresa a V per il Dragone, recentemente sponsorizzata anche nelle analisi di Fitch.

Qualche campanello di allarme per il Nasdaq, dove i “Fantastici 4 (che fanno invero pesato poco meno del 90% del recente apprezzamento dell’indice) si trovano tutti alla sbarra del Congresso a difendersi dalle accuse portate dalle commissioni Antitrust; per Facebook si tratta delle acquisizioni delle aziende rivali, per Google del controllo arbitrario sulle ricerche internet, per Apple della politica sulle App e per Amazon infine per il trattamento delle aziende terze sul portale (a quanto pare penalizzate a favore dei prodotti proprietari di Amazon).

Reazioni contenute ma significative sui comparti sotto monitoraggio post-FED, tra cui troviamo un dollaro che come indice scivola ai minimi di due anni, e un oro che si appresta a consoliodare in area 1.950 dollari oncia guadagnandosi un meritato riposo dopo una corsa che lo ha visto capitalizzare oltre il 28% di apprezzamento da inizio anno.

Petrolio nelle retrovie in attesa di capire se questi timori di una rinnovata pandemia potranno essere questa volta superati senza un crollo epocale delle qoutazioii, ora che l’OPEC si appresta, pur progressivamente, a riaprire i rubinetti; le scorte EIA ieri hanno registrato un calo importante su base settimanale pari a 10,6 milioni di barili il che ha contribuito a consolidare le quotazioni del WTI sopra quota 40 dollari per barile.

I metalli non ferrosi escono dall’orbita del rame, che rimane supportato dalle perdite produttive legate al Covid ma non sembra per ora in grado di portarsi con convinzione sopra quota 6.500 dollari. Fenomenale poi lo zinco che si porta ai massimi degli ultimi sei mesi guadgnandosi il titolo di best performer del mese con un apprezzamnrto del 12% malgrado il costante afflusso di scorte all’LME, cresciute a luglio di oltre 40.000 tonnellate.

Buona anche la performance dell’alluminio, grazie anche alle positive previsioni di Fitch sulla Cina anzi citate (con un prezzo target per il 2020 contestualmente alzato a a 1.690 dollari dai 1.600 precedenti) che si porta sui massimi da marzo all’LME ed ai massimi biennali su Shanghai; qui la dinamica delle scorte è meno lineare, con quelle allo SHFE in calo del 58% dal picco dell’anno a 222.498 tonnellate ma quelle LME che si portano ai massimi a fare data ad aprile del 2017.

A cura di Wings Partners Sim

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