Trump non frena la leadership dei mercati emergenti

A cura di Daniel Tubbs, Head of Global Emerging Market Equities di Mirabaud AM

I mercati emergenti, a nostro avviso, assumeranno un ruolo di leadership a livello mondiale grazie a fondamentali costantemente solidi. A livello macro, inoltre, per quanto riguarda i pericoli di una guerra commerciale, non bisogna farsi prendere dal panico. Come già visto in passato, Trump tende in un primo momento a fare annunci politici aggressivi che poi vengono gradualmente smorzati o ritrattati. Ad esempio, ha inizialmente applicato tariffe doganali su tutte le importazioni di acciaio e alluminio negli USA. Poi nei giorni successivi ha esonerato Canada, Messico e più recentemente l’Ue.

Inoltre, se saranno effettivamente applicati dazi da oltre 50 miliardi di dollari sui prodotti cinesi, le importazioni statunitensi dalla Cina non diminuiranno dello stesso importo. Per esempio, ipotizzando una tariffa del 25% e un’elasticità dei prezzi dello 0,5, i proventi delle esportazioni cinesi dovrebbero ridursi di circa 6 miliardi di dollari all’anno. Questo calo nell’export è minimo se confrontato con un totale annuo di esportazioni cinesi di circa 2,3 mila miliardi di dollari* e con un PIL nominale di 12,3 mila miliardi di dollari*. (*Fonte: Bloomberg)

In aggiunta, Trump potrebbe aver sottovalutato la velocità e la portata del danno che può derivare dal boicottaggio dei prodotti americani da parte dei consumatori cinesi. Il precedente più recente risale a quando i consumatori cinesi hanno smesso di acquistare automobili e cosmetici coreani a causa di una disputa con il governo della Corea del Sud su un sistema controverso di difesa missilistica.

Riteniamo che il risultato più probabile sarà che la Cina si posizionerà su un piano di superiorità morale e andrà alla ricerca di una qualche forma di compromesso, e che Trump sarà personalmente soddisfatto di una piccola vittoria morale se riuscirà a dimostrare di aver raggiunto un “accordo migliore” con la Cina.

In questo quadro, riteniamo che le società dei mercati emergenti stiano progressivamente superando quelle dei paesi sviluppati. Il settore tecnologico ne è un buon esempio. Fino a qualche anno fa, in Asia la sigla R&D era utilizzata per riferirsi a “Replicazione e Duplicazione”. Ora però i tempi sono cambiati e oggi le aziende asiatiche sono invece all’avanguardia nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie. Società come Huawei, Vivo e Oppo, qualche anno fa relativamente sconosciute al di fuori del continente asiatico, ora hanno una fetta di mercato a livello globale che, se combinata, supera sia Apple sia Samsung.  Altre aziende come Baidu, invece – il più grande motore di ricerca cinese – si stanno concentrando sull’Intelligenza Artificiale con l’obiettivo di migliorare ulteriormente il proprio nucleo di attività di ricerca su Internet.

L’azionario emergente, lo scorso anno, ha riportato una performance robusta e a nostro avviso presenta un ulteriore margine di crescita. Al di là dell’accelerazione ininterrotta della crescita economica registrata dai Paesi emergenti rispetto al mondo sviluppato, crediamo esistano tre ragioni principali per cui i mercati emergenti continueranno a performare:

  • Diminuzione del premio al rischio politico:

Storicamente, uno dei principali argomenti utilizzati contro gli investimenti nei mercati emergenti è stato che il rischio politico era molto più elevato rispetto al mondo sviluppato. Oggi, il rischio politico nel mondo sviluppato è aumentato dopo l’elezione del Presidente Trump, il referendum sulla Brexit e l’incertezza relativa all’efficacia del modello d’integrazione europea. Crediamo, pertanto, che verosimilmente il rischio politico non sia più una ragione legittima per evitare di investire negli EM.

  • Consensus underweight:

La maggior parte degli investitori continua ad essere underweight sull’azionario emergente globale e su quello asiatico escluso il Giappone. Di conseguenza, i mercati emergenti costituiscono un’asset class non affollata che avrebbe la possibilità di crescere ulteriormente se gli investitori continuassero a ridurre le loro posizioni underweight. I flussi verso questo segmento di mercato sono inoltre ben distanti dal raggiungere il picco toccato nel 2013, pertanto riteniamo ci sia ancora spazio per la domanda.

  • Valutazioni attraenti:

Le azioni del Global Emerging Market continuano a scambiare con uno sconto del 20-30% rispetto alle azioni globali e statunitensi, con tassi di crescita EPS attesi più elevati.

Alla luce di questo scenario, riteniamo che adottare una gestione attiva sia essenziale per scoprire il reale valore dell’azionario emergente, in quanto un approccio di questo tipo consente di sfruttare i divari presenti in quest’area e di scoprire le giuste opportunità d’investimento.

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