Tutti i limiti della politica monetaria

A cura di Yves Ceelen, Head of Institutional Portfolio Management di Dpam

Con tassi di gran lunga inferiori allo zero, la politica monetaria è diventata meno efficace nel contrastare il rallentamento della crescita. Inoltre, anni di stimoli monetari hanno portato a numerose conseguenze indesiderate, come l’aumento dei prezzi degli attivi, delle disuguaglianze e del risparmio privato ma anche una potenziale perdita di fiducia nelle banche centrali. Abbiamo raggiunto un punto di non ritorno in cui la politica monetaria è ai limiti del suo potere rendendo necessari stimoli fiscali per evitare che l’economia vacilli. La Germania, il più forte sostenitore dell’austerità in Europa, inizialmente sembrava aver fatto un passo nella giusta direzione, annunciando un piano climatico multimiliardario. Subito dopo l’annuncio iniziale, tuttavia, Berlino ha sottolineato che tale misura sarebbe stata neutrale dal punto di vista del bilancio; il che significa che, per ora, i piani di stimolo fiscale su larga scala potrebbero non essere all’orizzonte. Resta da vedere come Christine Lagarde, che inizia la sua corsa a capo della Bce, affronterà il problema.

Le implicazioni per i portafogli di investimento

Dato il rallentamento della crescita globale e i vari rischi politici che potrebbero avere un impatto sui mercati, rimaniamo prudenti sull’azionario. In generale, sottopesiamo le attività più rischiose (ad es. azioni e obbligazioni ad alto rendimento) e manteniamo una posizione neutrale sull’immobiliare. Per ragioni analoghe, siamo lunghi sull’oro. Nell’ambito del reddito fisso, abbiamo una posizione di alta convinzione nei titoli di Stato globali.

Nell’ambito obbligazionario, poiché prevediamo un ulteriore rallentamento della crescita, ci siamo posizionati di conseguenza. Ciò significa che non temiamo la duration all’interno portafoglio. In assenza di un piano di stimolo fiscale chiaro e con rischi geopolitici come Brexit e la guerra commerciale Usa-Cina in primo piano, i tassi sono destinati a rimanere bassi. Tuttavia, con i tassi europei che raggiungono il loro livello minimo, i rendimenti attesi sono a dir poco deludenti. D’altro canto, sarebbe sconsigliato sovraesporsi attraverso strumenti ad alto spread (come il comparto ad alto rendimento) in un momento in cui sottopesiamo le azioni a causa del rallentamento della crescita e dell’abbondanza di rischi di ribasso. L’aumento della leva finanziaria, i bassi spread creditizi, la previsione da parte delle agenzie di rating di ulteriori insolvenze e una sostanziale sottoperformance delle obbligazioni statunitensi con rating CCC, offrono ulteriori motivi per cui gli investitori dovrebbero prestare sempre molta attenzione alla selezione quando investono in obbligazioni ad alto rendimento.

Al fine di generare ancora un rendimento interessante dal lato del reddito fisso e contemporaneamente migliorare il grado di diversificazione del portafoglio, manteniamo una posizione significativa sui titoli di Stato globali. Con tassi sostanzialmente più elevati in Paesi come gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia, i loro titoli di Stato hanno un potenziale di rialzo molto maggiore che può compensare l’attuale tendenza al rallentamento della crescita e alla bassa inflazione. Nel frattempo, i tassi d’interesse elevati offrono un flusso cedolare più elevato.

Rischio di cambio: parità scoperta dei tassi di interesse

Purtroppo, il carry trade globale non è privo di rischi. In cambio di un tasso di interesse più elevato, l’investitore è esposto al rischio di cambio. Se ipotizziamo che il mercato sia efficiente, l’ipotesi di parità scoperta dei tassi d’interesse postula che il differenziale di tasso di interesse tra due Paesi sarà uguale alla variazione relativa tra le valute dei Paesi. Si consideri un investitore obbligazionario europeo che vende un titolo di Stato tedesco a 1 anno, che negozia ad un rendimento di -0,65%, per un titolo di Stato canadese a 1 anno con un rendimento di +1,65%. Secondo l’ipotesi di parità scoperta del tasso di interesse, questa operazione non porterà un guadagno netto, in quanto l’interesse extra del 2,3% guadagnato dall’operazione dovrebbe essere compensato da un deprezzamento del 2,3% del dollaro canadese rispetto all’euro. In altre parole, il mercato è perfettamente efficiente e gli investitori obbligazionari europei sono bloccati da bassi tassi di interesse.

Fortunatamente, una quantità sostanziale di studi ha evidenziato le carenze empiriche dell’ipotesi di parità scoperta dei tassi d’interesse. In pratica, il differenziale dei tassi di interesse risulta essere un debole fattore di previsione dei tassi di cambio futuri. Infatti, nel breve-medio termine, l’attrattiva relativa della valuta ad alto tasso di interesse in generale spinge la stessa a rafforzarsi ulteriormente.

Un dollaro forte offre protezione

Inoltre, la forza del dollaro Usa rispetto all’euro è ulteriormente sostenuta dal relativo rallentamento dell’economia europea e dalle politiche accomodanti della Bce. A nostro avviso, ci sono molti fattori che continueranno a sostenere lo slancio del dollaro Usa. Questo ci permette di assumere una posizione lunga sulle obbligazioni americane e di trarre profitto dal loro maggiore carry e dal maggiore potenziale di rialzo. Nell’ambito della nostra esposizione ai Treasury statunitensi, abbiamo una significativa esposizione ai titoli legati all’inflazione. Questi ultimi dovrebbero beneficiare di un aumento della spesa fiscale, che proteggerà l’esposizione obbligazionaria del portafoglio da un conseguente aumento dei tassi d’interesse.

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