Ubi Banca è pronta ad accelerare sul derisking

Tensioni geopolitiche permettendo (secondo il New York Times il presidente americano Donald Trump avrebbe ieri approvato attacchi militari mirati contro l’Iran dopo l’abbattimanto da parte di Teheran di un drone Usa, per poi cambiare idea e bloccare l’attacco stesso), Ubi Banca potrebbe tornare a mettersi in luce dopo il diffondersi di indiscrezioni circa la volontà dell’istituto guidato da Victor Massiah di accelerare il de-risking e arrivare a cedere fino a 2,9 miliardi di crediti deteriorati entro i prossimi mesi.

I giudizi degli analisti su Ubi Banca

Secondo le stime di Equita Sim se l’operazione andasse in porto l’Npe ratio calerebbe dal 10,4% di fine marzo al 7,3%. Ancora di recente i vertici dell’istituto avevano fatto sapere di voler privilegiare soluzioni di gestione interna del recupero crediti, vista la buona performance fin qui ottenuta, ma anche di voler procedere comunque con la cessione di posizioni deteriorate onde dare una significativa accelerazione rispetto agli obiettivi contenuti nel piano industriale 2017-2020 in termini di riduzione dello stock di Npe.

Una mossa che consentirebbe a Ubi Banca di accogliere la “moral suasion” della Bce in merito e di far calare le Npe dai 9,5 miliardi di fine marzo scorso a 7 miliardi circa. Altro motivo d’interesse è dato dalla prossima riorganizzazione delle attività di bancassurace. Il prossimo anno scadono gli accordi con Aviva (80% di Aviva Vita) e Cattolica Assicurazioni (60% di Lombarda Vita) che distribuiscono i relativi prodotti ciascuna attraverso una parte distinta della rete di sportelli di Ubi Banca. Quest’ultima dopo aver rilevato l’ex fabbrica prodotto di Banca Etruria a sua volta controlla il 100% di una compagnia Vita e Danni ed è probabile che possa imitare quanto già fatto da Banco Bpm, concentrando tutte le attività in un’unica società “non core” distribuendone i prodotti attraverso l’intera rete.

Sempre secondo Equita Sim se Ubi Banca cedesse il 65% di tale società potrebbe valorizzare il business circa 1,1 miliardi di euro, con un beneficio potenziale in termini di Cet1 di circa 70 punti base. Al momento il titolo tratta su livelli di multipli contenuti (6,8 volte l’utile per azione previsto per il 2019 e pari a 35 centesimi secondo il consenso), oscillando sui 2,40 euro a fronte di un prezzo obiettivo di consenso di 2,89 euro per azione che implica un potenziale rialzista del 20% abbondante. Interessante anche il dividend yield prospettico, pari a circa il 5,4% stante un dividendo di consenso di 13 centesimi per azione.

Ubi Banca a Piazza Affari

Ai livelli attuali il titolo tratta inoltre ancora circa il 30% al di sotto di dove oscillava 12 mesi fa, dopo un ultimo trimestre sostanzialmente piatto (da inizio anno le quotazioni hanno invece ceduto circa il 6%). Il quadro tecnico si presenta neutrale a brevissimo termine, ma positivo a breve e medio termine. Le prime resistenze in caso di ulteriore rialzo sono individuate già attorno a 2,45-2,50 euro e per questo gli analisti tecnici restano cauti; se i prezzi si riavvicinassero ai supporti di 2,28-2,30 euro potrebbe invece aprirsi una più consistente occasione d’acquisto sul titolo.

Su un orizzonte leggermente più ampio l’obiettivo potrebbe invece essere in area 2,55-2,60 euro per azione, sempre a fronte di supporti in area 2,255-2,305 euro. Entrambi i trend, dopo una fase di congestione, stanto tentando di riacquistare direzionalità, con una nota di fondo positiva di breve periodo data da quotazioni sopra sia la media mobile veloce sia la media mobile lenta e ulteriori conferme di un graduale recupero di forza dagli indicatori stocastico e di forza relativa.

A cura di Luca Spoldi, Cefa, 6 In Rete Consulting Ceo (www.6inrete.it)

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