Ubp: “L’oro tornerà a essere un bene rifugio?”

di Nevine Pollini, Senior Analyst Commodities di Union Bancaire Privée – Ubp

Rimaniamo cauti sull’oro, poiché sembra bloccato intorno ai 1180-1200 dollari l’oncia, spinto in direzioni opposte da due forze diverse: da un lato ci sono le continue incertezze sulla crisi del debito greca (fattore positivo per i prezzi); dall’altro troviamo la forza del dollaro che, supportata da una serie di dati macro  positivi negli Stati Uniti (indice ISM manifatturiero, spesa per costruzioni e disoccupazione), sta aumentando le aspettative circa un rialzo dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve per quest’anno, riducendo così l’attrattività del metallo giallo.

La scorsa settimana, la revisione al ribasso da parte del Fondo Monetario Internazionale sulle stime della crescita statunitense per il 2015 e l’invito rivolto alla Fed di ritardare il primo rialzo dei tassi alla prima metà del 2016 (fino alla comparsa di maggiori segnali di inflazione) non hanno avuto il minimo effetto sul prezzo dell’oro. Il prossimo meeting del FOMC, previsto per il 17 giugno, potrebbe fornire maggiore chiarezza sulla volontà della Fed di applicare una stretta alla politica monetaria entro la fine dell’anno. Tuttavia, poiché nel resto del mondo le altre banche centrali, al contrario della Fed, stanno mantenendo politiche monetarie espansive, questi trend divergenti stanno continuando ad avvantaggiare il dollaro e a pesare sul prezzo dell’oro.

Per quanto riguarda la crisi del debito greca, poi, al Paese è stato concesso di effettuare tutti i pagamenti di giugno al FMI in un’unica soluzione, con scadenza il 30 giugno. Tuttavia, il rischio di default è stato semplicemente posticipato e dovrebbe ricomparire presto, innescando probabilmente un acquisto di beni rifugio. Fin quando però questi eventi continueranno a contrapporsi, l’oro sembra immune a entrambe le forze.

E’ poi interessante notare come le quote detenute dagli ETF sull’oro continuino a diminuire, con un totale sceso a 51 milioni di once, il livello più basso dal 2009. Inoltre, nonostante la recente volatilità dei mercati, l’oro non sembra comunque in grado di riacquistare la sua attrattività come bene rifugio.

A questo punto, l’unica salvezza per i prezzi dell’oro potrebbe provenire da una considerevole contrazione dell’offerta; anche in questo caso però ci vorrà del tempo, perché l’oro, a differenza dei metalli di base e della maggior parte delle commodity, è meno sensibile all’andamento dell’offerta, per via della quantità di scorte disponibili. Occorrerebbero, infatti, due o tre anni consecutivi di contrazione della produzione perché entri in gioco una percezione di scarsità e perché ciò influenzi il sentiment sul metallo giallo, creando una reazione positiva sui prezzi dello stesso.

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