Ue, il pacchetto di stimoli può essere il catalizzatore della forza dell’euro

A cura di Peter van der Welle, Strategist del team Global Macro Multi-Asset di Robeco

Il pacchetto da 750 miliardi di euro sostenuto dai bond della Commissione Europea per aiutare le economie colpite dai lockdown potrebbe facilitare una maggiore integrazione fiscale. La ritrovata forza dell’euro potrebbe esprimere tutto il suo potenziale in particolare sul dollaro, a causa delle prospettive economiche più deboli al di là dell’Atlantico. Coalizzata contro un “nemico” comune, l’Europa sta unendo le forze per riprendersi dal forte impatto negativo del Covid-19. In tal modo, probabilmente, si è anche innescato un catalizzatore in grado di sbloccare il valore della valuta comune, ovvero la prospettiva di un’effettiva integrazione fiscale. Il 18 maggio, l’asse franco-tedesco ha mostrato nuovo vigore con la proposta di un fondo per la ripresa da 750 miliardi di euro e denominato “Next Generation Eu”. È importante ricordare che la Commissione Europea emetterà obbligazioni per conto dell’Ue, per finanziare i pacchetti di stimolo.

Questo porterà risparmi non trascurabili a quei Paesi che avrebbero altrimenti dovuto pagare rendimenti più elevati sui loro titoli sovrani con rating inferiore, rispetto ai titoli Ue con rating AAA. Anche se potrebbe non comportare una vera e propria mutualizzazione del debito, si tratta comunque di un passo avanti verso una più stretta integrazione fiscale all’interno dell’Ue, tanto da poter essere considerato in prospettiva come un evento di portata storica. L’annuncio di questo nuovo fondo per la ripresa sembra aver agito da catalizzatore per il recente apprezzamento dell’euro e ha coinciso con un punto di flessione del premio al rischio nel tasso di cambio euro/dollaro. Quindi gli operatori di mercato hanno iniziato a chiedere un premio al rischio più basso per avere un’esposizione in euro.

A nostro avviso, il premio di rischio dell’euro è andato in overshooting a fine marzo di circa il 10%, in base al differenziale dei tassi a 2 anni. Mancava solo un catalizzatore che potesse sbloccarne il valore. Con i progressi compiuti nei negoziati sul fondo per la ripresa, potremmo essere vicini a un altro importante punto di flessione per il premio di rischio dell’euro. Anche se vi sono ancora dibattiti tra i membri dell’Ue, il segnale generale è che l’Europa potrebbe finalmente agire all’unisono, il che comporterebbe un premio al rischio inferiore per detenere l’esposizione nei confronti dell’euro. Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno uscendo dalla pandemia da coronavirus con più difficoltà dell’Europa, il che fa ben sperare in un rafforzamento dell’euro sul dollaro.

Attualmente gli Stati Uniti sono l’epicentro del coronavirus nel mondo sviluppato, mentre in Europa si stanno registrando tassi di disoccupazione più bassi; inoltre, l’Europa dispone di politiche migliori per la tutela del posto di lavoro e trae vantaggio dal fatto che i legami commerciali chiave tra Germania e Cina sono qualche mese più avanti rispetto agli Stati Uniti. Un settore manifatturiero europeo più performante rispetto al resto del mondo è storicamente conciso con un euro più forte, ponderato in base agli scambi commerciali.

Confermiamo la nostra opinione positiva sull’euro assumendo una posizione rialzista nei confronti del dollaro. Se da un lato riteniamo che una riduzione del premio al rischio sosterrà l’euro rispetto alla maggior parte delle valute, dall’altro vediamo un potenziale di rialzo soprattutto nei confronti del dollaro. Il tradizionale fattore trainante della forza del dollaro – ossia il differenziale dei tassi di interesse a breve tra il rendimento dei titoli di Stato a 2 anni in Usa e in Germania – è notevolmente diminuito. Storicamente ha spiegato in larga parte le variazioni nel tasso di cambio euro/dollaro e si è compresso in modo significativo negli ultimi 18 mesi, scendendo da un valore storicamente elevato del 3,50% a meno dello 0,90% attuale. Ciò significa che l’attrattiva relativa del dollaro rispetto all’euro è diminuita. Un’altra ragione che spiega la potenziale debolezza del dollaro è il bilancio del governo americano. In base alle ultime proiezioni, il deficit di bilancio degli Stati Uniti sarà significativamente maggiore di quello dell’Eurozona nei prossimi anni. Inoltre, l’altro grande squilibrio all’interno dell’economia statunitense, ossia il deficit commerciale, potrebbe portare a un’ulteriore debolezza del dollaro se gli investitori iniziassero a valutare il possibile impatto del deficit gemello.

Infine, il dollaro si indebolirebbe anche nel caso in cui un’ulteriore integrazione fiscale della zona euro comportasse la creazione dei cosiddetti Eurobond. Dato che queste obbligazioni rappresenterebbero l’intero blocco, esse avrebbero probabilmente un rendimento più alto dei titoli di Stato tedeschi, riducendo ulteriormente il divario di rendimento con gli Stati Uniti. Se saranno effettivamente emessi gli Eurobond, sarà possibile una diversificazione dei flussi di capitale verso attività a basso rischio, il che sosterrà il tasso di cambio euro/dollaro.

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