Un nuovo super-ciclo delle commodity è alle porte?

A cura di Christian Gerlach, gestore delle strategie sulle commodity di GAM

Il principale interrogativo del momento è se lo slancio positivo che abbiamo osservato recentemente nei prezzi delle materie prime testimoni la prima significativa inversione di tendenza dalla crisi finanziaria del 2008. Gli investitori che si concentrano sulle materie prime sono certamente curiosi di scoprire se questa asset class sarà in grado di sovraperformare altri asset di rischio. Se guardiamo alla performance relativa delle materie prime rispetto all’azionario in questo 2016, non è riscontrabile alcun pattern chiaro perché anche i mercati azionari hanno mostrato solidità, con diversi indici che hanno raggiunto nuovi massimi. L’ultimo ciclo di sovraperformance delle commodity risale al periodo tra il 1999 e il 2008 e, quest’ultimo così come i due cicli precedenti (1985-1990 e l’era della stagflazione degli anni Settanta) si è verificato in un contesto caratterizzato dall’indebolimento del dollaro e dall’aumento dell’inflazione. Inoltre, è anche praticamente impossibile che un rally delle materie prime si verifichi in assenza di uno stimolo sul fronte del credito e della liquidità. Alla base di una performance ancora positiva da parte delle materie prime, è necessario domandarsi se si è pronti a passare da un contesto caratterizzato da bassi ad alti rendimenti obbligazionari, se siamo in una fase di transizione dal libero scambio al protezionismo, se le politiche del futuro si concentreranno più su stimoli fiscali che monetari e, infine, se è ragionevole attendersi un aumento materiale dell’inflazione dai bassi livelli attuali.

Chiaramente, le materie prime più vitali dal punto di vista della pressione inflazionistica sono le componenti energetiche. Il recente meeting dell’OPEC ha parzialmente aiutato, ma non è stato sufficiente a spingere il mercato del greggio in una situazione di backwardation. Nonostante ciò, c’è la possibilità che il ciclo di rialzo dei tassi della Fed segni una nuova stretta. E questo è interessante perché le materie prime sono state storicamente la miglior asset class durante questi cicli, visto che rappresentano gli indicatori chiave di inflazione che la Fed sta cercando di combattere (attraverso una diminuzione parziale delle backwardation prevalenti). In ogni caso, se la Fed dovesse essersi sbagliata e dovesse aver alzato tassi in assenza di pressioni inflazionistiche, le commodity potrebbero facilmente essere l’asset class con la performance peggiore. Sebbene l’OPEC possa potenzialmente creare un certo grado di backwardation diminuendo l’offerta, questo non rappresenterebbe il contesto, guidato dalla domanda, necessario per innescare un significativo cambio di rotta dei prezzi delle materie prime.

Guardando al futuro, sono due i potenziali scenari per l’asset class. Il primo prende in considerazione il fatto che ci si possa effettivamente trovare di fronte a un’importante inversione di tendenza che può durare tra i 5 e gli 8 anni grazie al ritorno del ciclo reflativo abbandonato nel 2008. Questo scenario richiederebbe una massiccia espansione fiscale e una svalutazione del dollaro. Il secondo, invece, appare più negativo per gli investitori: il dollaro continua ad apprezzarsi e le politiche fiscali sono prudenti. In questo contesto, l’austerità trionfa, i beneficiari sono i creditori e la FED ha aumentato i tassi in assenza di pressioni inflazionistiche al rialzo, vaporizzando l’esiguo numero di condizioni di backwardation che vediamo al momento. Indipendentemente dallo scenario, vale la pena evidenziare come, poiché le valutazioni incrociate degli asset sono estreme (materie prime rispetto all’azionario e rispetto all’obbligazionario), anche il più piccolo cambiamento nel contesto di fondo possa dare adito a importanti movimenti nei prezzi degli asset.

Di conseguenza, i due scenari sono polarizzati semplicemente perché le valutazioni sono così estreme. Infatti, qualora dovesse verificarsi il primo scenario, il potenziale di rialzo è sostanzialmente immenso, specialmente alla luce del fatto che abbiamo assistito a un drawdown del 70% dal 2008. In ogni caso, il rally messo a segno dal mercato (+12% quest’anno) è molto fragile e l’inflazione potrebbe, alla fine, non materializzarsi, portandoci potenzialmente ad affrontare gli stessi problemi che hanno afflitto le materie prime dal 2008.

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