Usa, cinque modi in cui le presidenziali influenzano i mercati e il comportamento degli investitori

A cura di Martyn Hole, Investment Director di Capital Group

Quanto influiscono le elezioni sul mercato azionario e sui rendimenti di portafoglio? Gli investitori a lungo termine dovrebbero davvero preoccuparsi dell’esito delle elezioni? Questi sono gli interrogativi che i professionisti della finanza si trovano ad affrontare mentre ci avviciniamo al 3 novembre. Per fornire risposte, abbiamo analizzato oltre 85 anni di dati e identificato cinque modi in cui le elezioni influenzano i mercati e il comportamento degli investitori.

1. I mercati tendono a prevedere i risultati delle elezioni

Una semplice metrica borsistica ha correttamente previsto il vincitore in 20 delle ultime 23 elezioni presidenziali svoltesi dal 1936 – un record che potrebbe far ingelosire anche i migliori sondaggisti. Se l’indice S&P 500 è in rialzo nei tre mesi precedenti il giorno delle elezioni, di solito vince il partito in carica. Se i mercati sono in ribasso in quel periodo, generalmente vince il partito avversario. Quando il clima politico ed economico è più impegnativo, c’è una maggiore probabilità che la controparte vinca. Il mercato sconta l’ulteriore incertezza dell’esito delle elezioni e dei possibili cambiamenti politici, che possono portare a una maggiore volatilità. Al 15 settembre, l’S&P 500 è in crescita del 3% dal 3 agosto (tre mesi prima del giorno delle elezioni) e del 5% su base annua. In tempi più normali questo favorirebbe il presidente in carica, ma considerata l’economia traballante di oggi è tutta un’altra storia. Dal 1912, solo una volta il presidente è stato rieletto avendo gestito una recessione a due anni dalle elezioni. Anche se questa tendenza può essere interessante, gli investitori non dovrebbero usarla come scusa per cercare di prendere il tempo ai mercati. Tradizionalmente, sia che l’incumbent vinca o perda, la volatilità indotta dalle elezioni è stata solitamente di breve durata e ha rapidamente lasciato il posto a mercati rialzisti.

2. Gridlock o sweep? Le azioni sono salite in entrambi i casi

La storia dimostra che le azioni hanno fatto bene indipendentemente dalla compagine a Washington. Dal 1933, ci sono stati 42 anni in cui un partito ha controllato la Casa Bianca ed entrambe le camere del Congresso allo stesso tempo. Durante questi periodi, le azioni hanno avuto un rendimento medio a due cifre – quasi identico ai guadagni medi degli anni in cui il Congresso è stato diviso tra i due partiti. Storicamente il risultato “meno buono” si è avuto quando il Congresso era controllato dal partito opposto a quello del presidente. Ma anche questo scenario ha registrato un solido ritorno medio del 7,4%. Le elezioni di quest’anno si concluderanno quasi certamente con un governo riunito sotto una “blue wave” o con un Congresso diviso, cosa che potrebbe accadere sia con una vittoria di Trump che di Biden. Gli elettori potranno avere una forte preferenza, ma gli investitori dovrebbero trarre conforto dal fatto che entrambi gli scenari hanno storicamente prodotto forti rendimenti azionari.

3. I mercati hanno avuto un andamento rialzista indipendentemente dal partito vincente

Le elezioni non hanno fatto sostanzialmente alcuna differenza per quanto riguarda i rendimenti degli investimenti a lungo termine. Allo stesso modo, nemmeno il partito al potere ha fatto una differenza significativa per il mercato azionario. Negli ultimi 85 anni ci sono stati sette presidenti democratici e sette repubblicani, e la direzione generale del mercato è sempre stata al rialzo. Quest’anno è stato un unicum per innumerevoli motivazioni, ma uno sguardo ai cicli elettorali passati dimostra che le polemiche e l’incertezza hanno circondato molte campagne elettorali. E in ogni caso il mercato ha continuato a essere resiliente. Mantenendo un’attenzione a lungo termine, gli investitori possono posizionarsi per un futuro più luminoso indipendentemente dall’esito elettorale.

4. Gli investitori si fanno spesso più cauti negli anni elettorali

Gli investitori hanno riversato le proprie risorse nei fondi del mercato monetario – tradizionalmente uno dei veicoli d’investimento a più basso rischio – in misura molto maggiore negli anni elettorali. Per contro, i fondi azionari hanno registrato i maggiori afflussi netti nell’anno immediatamente successivo. Ciò suggerisce che gli investitori vogliono ridurre al minimo il rischio durante gli anni elettorali e attendere che l’incertezza si plachi prima di tornare a investire in asset più rischiosi, come le azioni. Ma il market timing è raramente una strategia d’investimento vincente e può rappresentare un grosso problema per i rendimenti di portafoglio. Questa tendenza ha subito un’accelerazione nel 2020: fino al 31 luglio, i flussi netti del mercato monetario sono aumentati di 546 miliardi di dollari, mentre i flussi netti dei fondi azionari sono diminuiti di 36 miliardi di dollari. Naturalmente, parte della fuga verso la sicurezza di quest’anno è stata legata alla recessione indotta dalla pandemia e non alle elezioni. Tuttavia, i fondi azionari hanno visto i loro maggiori deflussi mensili in luglio, il che indica che gli investitori sono rimasti prudenti in vista delle elezioni.

5. Il passaggio alla liquidità negli anni elettorali può ridurre i rendimenti a lungo termine del portafoglio

Abbiamo esaminato tre ipotetici investitori, ognuno con un approccio d’investimento diverso. Abbiamo poi calcolato il valore finale di ciascuno dei loro portafogli negli ultimi 22 cicli elettorali, ipotizzando un periodo di carico di quattro anni. L’investitore che è rimasto a bordocampo ha riportato il peggior risultato 16 volte e solo tre volte il migliore. Contestualmente, gli investitori che sono rimasti completamente investiti o che hanno versato contributi mensili durante gli anni elettorali hanno avuto la meglio. Questi hanno avuto un saldo medio di portafoglio più alto per l’intero periodo e più spesso hanno battuto l’investitore che si è mantenuto più a lungo liquido. Questi risultati riflettono i periodi di carico di quattro anni, ma la divergenza sarebbe ancora più ampia se si capitalizzasse a periodi più lunghi. È troppo presto per sapere quale sarà l’impatto della fuga verso la liquidità di quest’anno sui rendimenti a lungo termine. Ma con l’S&P 500 in rialzo di oltre il 50% dal minimo di marzo e con le vendite nette di azioni che continuano per tutto l’anno, è lecito supporre che molti investitori abbiano perso almeno una parte di questo potente rally azionario e siano rimasti in disparte in vista delle elezioni di novembre.

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