Usa: il punto sui tassi reali e sull’inflazione

A cura di Alessandro Tentori, CIO AXA Investment Managers Italia
l rendimento del Treasury decennale è aumentato di 45bp da inizio anno, destando timori di uno “squeeze” sul credito piuttosto che sulla rivalutazione degli utili futuri. Fattori tecnici a parte (e.g. le note a leva inversa sul VIX), l’aumento dei rendimenti nominali viene visto come la scintilla che avrebbe innescato il re-pricing del rischio delle ultime due settimane.
In questo contesto si colloca il dato recente sui prezzi al consumo di Gennaio (+0.5% su base mensile, +2.1% su base annua). Senza dubbio il dato è sopra le attese degli analisti, ma va comunque fatto notare il contributo di fattori stagionali come frutta/verdura fresca, nonché del carburante (+22.5%), delle case e del tabacco. Già oggi sappiamo che l’effetto straordinario del prezzo del petrolio verrà eliminato dal CPI di Febbraio, grazie alla recente correzione del WTI (-9.5% a Febbraio). In salita anche l’inflazione core (+1.8% su base annua), comunque ancora sotto la media degli ultimi cinque anni.

Tassi reali in aumento

Il recente aumento dei rendimenti nominali è dovuto in larga parte all’aumento dei rendimenti realicome evidenziato dai TIPS decennali: Da inizio anno la real yield è salita di 35bp, cioè il 78% del rendimento nominale. Questo è uno sviluppo interessante, perché ci presenta il quadro di una economia solida, piuttosto che una economia i cui profitti sono inflazionati dai prezzi. In una economia che accelera, in cui l’apporto della politica fiscale espansiva è concentrato sull’aumento della produttività, grazie a investimenti nelle infrastrutture finanziati attraverso un modello di “public/private partnership”, è del tutto lecito prevedere anche un aumento del tasso di finanziamento reale. Per noi economisti, quest’ultimo è una funzione delle aspettative di lungo periodo sulla crescita potenziale e cioè in ultima ratio della produttività futura!

In conclusione: uno sguardo ai rischi

Se l’inflazione da eccesso di domanda non dovrebbe, teoricamente destare particolari preoccupazioni a questo punto del ciclo, una sgradita sorpresa potrebbe invece riservarcela il mercato del lavoro. Anche qui la legge di domanda e offerta la fa da padrone: In un regime di cosiddetta “piena occupazione”, ogni piccolo miglioramento dell’occupazione avrebbe come valvola di sfogo i salari. In effetti, abbiamo già assistito ad un moderato cambiamento di traiettoria dei salari statunitensi. Il tutto va confrontato con le aspettative di politica monetaria per il 2018: Da un lato la curva del mercato monetario che sconta circa 60bp di rialzi, dall’altro le proiezioni della Fed stessa (tre rialzi) e le aspettative di AXA IM (quattro rialzi). Stiamo comunque parlando di una traiettoria dei tassi molto dissimile da quella del 2004/2006, quando Alan Greenspan spinse i Fed Funds da 1% a 5.25% nel giro di 24 mesi! Lo scenario di tail-risk potrebbe essere quindi dovuto a una sorpresa di inflazione salariale con conseguente accelerazione del processo di normalizzazione della politica monetaria e un rapido aumento dell’incertezza macroeconomica, che metterebbero a dura prova la stabilità finanziaria. Le ripercussioni sulla performance delle classi di attivo globali sono più che ovvie in questo scenario, che per noi di AXA IM rimane per adesso uno scenario a bassa probabilità.

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