Vado al massimo, vado a gonfie vele

A cura di Giordano Beani, head of Multi-Asset Fund Solutions Italy di Amundi Sgr

“Vado al massimo, vado al massimo, vado a gonfie vele.” Così comincia la canzone con cui un allora trentenne Vasco Rossi esordì al Festival di Sanremo nel 1982. Chi avrebbe mai detto che quell’esordio maldestro sarebbe stato il vero inizio della carriera del più noto e amato “rocker” nazionale, un idolo intergenerazionale?

Ebbene “al massimo” sono andati i mercati azionari internazionali la settimana scorsa, con gli Stati Uniti che hanno segnato l’ennesimo record storico e l’indice Eurostoxx 50, rappresentativo dell’Area euro, che ha toccato il record dell’anno a 3.700 punti, un valore che non segnava dal lontano 2015.

Tale situazione può sembrare strana ai più, dato che le economie globali versano ancora in una situazione di debolezza generalizzata, ma i segnali che provengono dagli Stati Uniti, con un Pil del terzo trimestre superiore alle aspettative ed i segnali di stabilizzazione emersi settimana scorsa anche in Area euro forse giustificano l’ottimismo dei mercati e la convinzione che il peggio sia passato.

Infatti, gli indici Pmi manifatturieri dell’Eurozona finali per il mese di ottobre permangono sotto la soglia di contrazione, ma si attestano leggermente al di sopra delle aspettative degli economisti (45,9 rispetto a 45,7). Inoltre, gli indici relativi ai servizi sono usciti sempre per ottobre a 52,2, contro aspettative di 51,8, portando l’indice composito (manifattura più servizi) a 50,6, al di sopra quindi della fatidica soglia di 50. Anche l’indice di fiducia Sentix della Zona euro in novembre ed i “factory orders” (gli ordini manifatturieri) in Germania di settembre sono risultati migliori delle aspettative, rafforzando la sensazione che il rallentamento economico abbia raggiunto un minimo. Infine, da segnalare anche il primo ribasso dal 2016 da parte della PboC, la banca centrale cinese, del tasso Mlf (medium term lending facility). Sebbene il taglio sia poco più che segnaletico, il tasso infatti è stato ridotto solo di 5 punti base da 3,3% a 3,25%, i mercati hanno interpretato tale mossa come l’inizio di un possibile ciclo di allentamento monetario volto a supportare un’economia in evidente affanno, e ciò a prescindere dall’evoluzione che le trattative sulle tariffe con gli Stati Uniti avranno nelle prossime settimane. Infatti, su questo fronte rimangono ancora incerti il luogo e la data del tanto atteso incontro ai vertici tra Trump e Xi Jinping per la firma della prima fase dell’accordo tra le due superpotenze.

Mercati a rischio “melt-up”

In questo contesto, quindi, i mercati azionari, come accennato, hanno fatto segnare variazioni molto positive nel corso della settimana appena conclusasi. L’indice S&P 500 ha chiuso in rialzo del +0,85% a 3.093,08, con la stagione degli utili che volge quasi al termine in modo piuttosto rassicurante ed un’ulteriore operazione di acquisizione di rilievo annunciata con l’offerta da parte di Xerox di acquistare per 33 miliardi di dollari Hp Inc, una delle due società nate dalla scissione delle attività della Hewlett-Packard nel novembre del 2015. Molto bene i mercati dell’Area Euro con l’indice Eurostoxx 50 in rialzo di poco più del 2% a 3.699,65 ed il nostro Ftse Mib che svetta con un +2,62% a 23.534 ,49 punti. Infine, ottima anche la settimana per il mercato giapponese con l’indice Nikkei 225 in rialzo del +2,37% e bene anche i mercati emergenti che avanzano dell’1,49% (Indice Msci Emerging), nonostante la chiusura leggermente negativa di venerdì.

Quanto ai mercati obbligazionari, da segnalare un rialzo generalizzato dei rendimenti sulle curve tedesca e statunitense, con il rendimento del Bund decennale che risale di 12 punti base a -0,26% e quello dell’omologo statunitense in rialzo di 23 punti base a 1,94%. Tale movimento è da ascriversi al miglioramento dei dati macro economici citato in precedenza, come testimonia il fatto che la pendenza della curva statunitense ha riassunto una conformazione tradizionale, dopo essere stata invertita per larga parte dell’estate proprio a causa dei timori di un rallentamento pericoloso della prima economia mondiale.

Il rialzo repentino dei rendimenti negli Stati Uniti ha avuto un riflesso anche sull’andamento delle divise internazionali, con il dollaro Usa che è tornato a rafforzarsi e nei confronti dell’euro è tornato repentinamente verso quota 1,10 (1,102 la chiusura di venerdì) dall’1,117 della settimana precedente.

Infine, sulle commodity leggero rialzo del petrolio e invece forte correzione dell’oro che lascia sul terreno il -3,65% chiudendo a 1.459 dollari l’oncia, anche qui a testimonianza della riconquistata fiducia su una possibile ripresa delle economie che rende meno appetibili i tradizionali beni rifugio.

In conclusione, i mercati azionari continuano a essere bene impostati e come indicato dallo strategista indipendente Edward Yardeni, già strategista di Deutsche Bank e capo economista di CJ Lawrence, uno dei più autorevoli a Wall Street negli ultimi trent’anni, il rischio è che si verifichi un “melt-up”, cioè un rialzo veloce e improvviso, il contrario del melt-down cioè del collasso dei mercati, dato che molti investitori sono ancora posizionati in maniera prudente e potrebbero essere quindi risucchiati in una corsa al rialzo. Noi a tale proposito condividiamo la curiosità del Blasco nazionale: “Voglio proprio vedere, e voglio proprio vedere, come va a finire…”.

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